21/07/2021

Data Driven Design: cosa significa progettare con i dati

Lorenzo Maria Lucenti

Lorenzo Maria Lucenti in:   Service Design Uncategorized

Con il Data Driven Design la progettazione assume una connotazione diversa.

Con il Data Driven Design la progettazione assume una connotazione diversa.

Spesso la progettazione viene associata a un’arte, a qualcosa di personale. Ma non c’è niente di più sbagliato, perché la progettazione è al servizio degli utenti.

Progettando con l’ausilio dei dati, di informazioni quantitative e qualitative, si ha la possibilità di migliorare il proprio lavoro, capendo appieno gli utenti: con i dati abbiamo la possibilità di capire la frequenza e il perché dei loro comportamenti.

 

 

L’obiettivo principale di questo articolo è farvi comprendere cos’è il Data Driven Design e come progettare rapportandosi ai dati, sfatando i miti negativi su questo approccio.

Capiremo, quindi:

  • perché i dati sono importanti, essenziali per la progettazione
  • come bisogna interagire con i dati
  • come scegliere la tipologia di dati da raccogliere

INDICE

    1. Cos’è il Data Driven Design
    2. Data Driven: il significato
    3. L’applicazione della Data Driven Business Strategy
    4. Casi concreti del Data Driven Design
    5. Data Strategy: sfatiamo i miti negativi
    6. I modelli di King-Churchill-Tan
    7. Le fasi del Data Driven Design
    8. Quali strumenti utilizzare per la raccolta dei dati
    9. Per approfondire
      – Designing with Data
      – Data Driven Innovation
    10. Conclusioni

 

Cos’è il Data Driven Design

Quando parliamo di Data Driven Design facciamo riferimento a un tipo di progettazione basato sulla raccolta di informazioni quantitative e qualitative volta a orientare le decisioni. Nell’ottica User Experience Design, ogni decisione è diretta al miglioramento del prodotto e/o servizio; in particolare i dati vengono così utilizzati per conoscere meglio le persone per le quali si sta progettando.

In questo modo, soddisfacendo le esigenze finali, andiamo a incrementare anche il nostro business.

Qualcuno ha detto User Experience Research? Non sbagliate ad associare la ricerca sull’esperienza utente con il Data Driven Design.

Ma vi starete chiedendo, perché Data Driven Design?

I Designer non hanno la scienza infusa (purtroppo è una verità con cui dobbiamo fare i conti). All’inizio di un progetto non sappiamo quale sia la scelta più giusta, quella ottimale. La scelta che può fare la differenza. Facciamo delle ipotesi e iniziamo a lavorare da queste assunzioni. Ma basta progettare in questo modo?

Quello appena descritto non sembra un approccio tipico dello Human-centered Design, vero? No, infatti… fare delle assunzioni e fermarsi lì sarebbe una cattiva progettazione.

 

Anche chi è agli inizi sa perfettamente che il Designer non è l’utente. Le necessità di chi progetta non sono le stesse di chi fruisce il prodotto o il servizio. Per quanto ci si sforzi, ci sono dei blocchi mentali che possiamo superare solo con l’ausilio dei dati.

Forse conoscete già questa citazione di William Edwards Deming:

«Without data you’re just another person with an opinion».

Noi riteniamo che sia fondamentale.

I dati possono mostrare la via per una corretta progettazione. Aggiungono obiettività al lavoro e possono mostrare, se impiegati non solo in fase di ricerca, il valore di quello che si crea.

Fate vostra la frase di Edwards Deming. Senza abusarne però: i dati devono aiutare a prendere decisioni più consapevoli. Ma i dati non bastano, servono anche le opinioni.

 

Data Driven: il significato

Abbiamo già scoperchiato il vaso di pandora, dando un accenno all’approccio Data Driven Design. Abbiamo capito che alla base di tutto ci sono i dati.

Ma cosa significa Data Driven?

Per rispondere a questa domanda partiamo dalla base, che molto spesso coincide con una ricerca etimologica. Cos’è effettivamente il dato? O, se preferite, all’inglese il Data?

Dato, dal lat. datum, participio passato del verbo dare. Elemento, in quanto offerto o acquisito o risultante da indagini e utilizzato a determinati scopi [Treccani].

Data /dā’tə/ is a set of values of qualitative or quantitative variables [Wikipedia].

Avrete sicuramente sentito di parlare di Big Data, Data Scientist, Data Analysis, ecc. I dati sono dappertutto. Ci circondano. Ogni giorno produciamo dati digitali, bit di informazioni che i Designer, con i giusti strumenti, possono analizzare e utilizzare per i loro progetti.

È la soprattutto la seconda definizione ad interessarci. È proprio qui, infatti, che troviamo una grande distinzione di categoria. I dati possono essere:

 

  • qualitativi
  • quantitativi

 

Molti di voi avranno già incontrato questa divisione. È più probabile che abbiate incontrato questi due aggettivi aggregati alla parola analisi. I dati qualitativi e quantitativi non sono altro che le informazioni che le analisi qualitative e quantitative generano.

L’espressione Data Driven, però, è composta da due parole. La prima parola è quella che chiarisce il “cosa”, la seconda invece va a delineare il “come”.

Il Data Driven è un approccio strategico, come suggerisce la parola; i dati vengono utilizzati per guidare decisioni informate che si basato su fatti oggettivi e non solo su sensazioni e opinioni personali.

Più avanti vedremo come raccogliere i dati, qualitativi e quantitativi che siano, per applicare al meglio il Data Driven Design.

L’applicazione della Data Driven Business Strategy

Con la diffusione del digitale, l’approccio Data Driven può fare davvero la differenza. Se ci pensate, ogni cosa sul web può essere misurata. I dati che produciamo, consapevolmente e inconsapevolmente, sono davvero una miriade ed è qui che entra in gioco la raccolta e l’analisi dei dati per comprendere quali sono le opzioni migliori da scegliere.

Il Data Driven è un approccio che non si sta sviluppando solo nel Design, ma anche in altre discipline, soprattutto quelle volte alla vendita. Capire i comportamenti degli utenti permette di centrare il bersaglio. E siccome questo approccio accoglie più discipline, forse sarebbe più corretto parlare di Data Driven Business Strategy.

Per fare un esempio, pensiamo al campo del Marketing: oggi non si parla più di First Moment of Truth, ma di Zero Moment of Truth. I clienti si fanno un’idea di un prodotto o di un servizio prima dell’esperienza diretta.

Pensate a chi prima di acquistare deve valutare due prodotti. Il prodotto X ha 100 ottime recensioni, mentre il prodotto Y ne ha solo 66.

Nella sua testa inizierà a formarsi l’idea che il prodotto X sia migliore del prodotto Y perché altre persone hanno fatto questa esperienza prima e l’hanno condivisa.

Capire cosa pensa la clientela, dove va a cercare informazioni, su quali territori e a quali opinion leader si rivolge, quali tipi di informazioni cerca, cosa trova, quanto tempo impiega per cercare, ecc. Sono tutti tipi di informazioni che, se analizzate, possono produrre dei dati significativi per il miglioramento del nostro business.

Anche nel Design è così. Progettando ci possiamo trovare davanti due possibilità: stiamo creando qualcosa di nuovo oppure stiamo apportando modifiche a qualcosa di già esistente. I dati ci aiutano in entrambi i casi.

Casi concreti di Data Driven Design

Vediamo brevemente due casi applicati di Data Driven Design di due aziende di livello mondiale. In particolare, daremo uno sguardo alle scelte prese da:

  • Dropbox
  • Spotify

Dropbox nel 2016 ha utilizzano una Data Driven Strategy e i miglioramenti si sono visti. Tutte le parole hanno un peso e chi cura la scrittura UX di Dropbox lo sa. Probabilmente tutto è partito da una convinzione: l’esperienza utente può essere interrotta da un’etichetta sbagliata o troppo vaga, portando alla frustrazione.

Quindi la concentrazione si è focalizzata sull’etichetta di accesso alla piattaforma. Cosa inserire tra Log In, Log On, Sign In e Sign On?

Il passo successivo è stato domandarsi: come parlano le persone? Per rispondere hanno utilizzato Google Trends, confrontando l’utilizzo delle quattro espressioni. Ha vinto a mani basse Sign In.

Nel 2017 Spotify ha lanciato una campagna pubblicitaria OOH (Out of Home) molto interessante. I copy della cartellonistica erano basi sui dati statistici di chi ha fruito precedentemente del servizio.

Trovavamo quindi frasi come: Be as savage as the person who made a 1-hour, 55-minute playlist called “Lasting Longer Than The Mooch”; Be as loving as the person who put 48 Ed Sheeran songs on their “I love Gingers” playlist.

I dati raccolti da Spotify hanno evidenziato i comportamenti delle persone e li hanno utilizzati per essere più vicini a loro, per empatizzare con loro.

Data Strategy: sfatiamo i miti negativi

Bene, procediamo con il nostro approfondimento ma prima una domanda: quando pensate alla parola “Dati” a quali forme ed espressioni la associate?

Tra le varie ipotesi probabilmente:

  1. Dati = Numeri – è possibile che la prima associazione sia con i numeri? Quindi con i dati quantitativi. I dati possono essere dei numeri, delle statistiche ma sono solo una faccia della Data Driven Strategy (non solo ai dati qualitativi). Ci deve essere una riflessione su ogni numero. Analizziamo le pagine di un sito web e ci accorgiamo che alcune di queste hanno un’alta frequenza di rimbalzo (molti visitatori abbandonano il sito dopo aver visto una sola pagina). Se ci fermiamo qui è un dato prettamente inutile, ma se ci interroghiamo sul perché gli utenti si comportano in questo modo, possiamo migliorare e magari abbassare il bounce rate.
  2. Più dati ci sono meglio è – Se less is more, conviene raccogliere e analizzare dati in base alle vostre necessità e possibilità. L’importante è fare User Research.
  3. I dati danno un giudizio obiettivo – dipende dai dati che raccogliete. Se sono dati quantitativi (quindi prevalentemente numeri), la risposta è sì; ma abbiamo già detto che basarsi solo su dati quantitativi non va bene. Qualità e quantità devono entrambe essere presenti, equipararsi in un certo senso.
  4. L’utilizzo dei dati non è innovativo – cos’è che definisce un approccio innovativo da uno non innovativo? Diamo per scontato che l’innovazione venga da qualcosa di nuovo, di mai esistito. La Data Driven Strategy ha portato un utilizzo diverso dei dati che si raccolgono. Per ogni business l’utilizzo dei dati sarà diverso e quindi sempre innovativo. I dati cambiano, così come le strategie che bisogna applicare.
  5. I Dati sono solo per i Manager – I dati non servono solo per migliorare gli indici o le metriche economiche/finanziarie. I dati possono essere impiegati dai Designer per comprendere la User Journey.

I Modelli di King-Churchill-Tan

Rochelle King, Elizabeth F. Churchill e Caitlin Tan hanno pubblicato il libro “Designing with Data: Improving the User Experience with A/B Testing” in cui presentano un modello di design basato sui dati.

Descrivono 3 diversi approcci:

  1. Data Driven Design – questo approccio, per gli autori, si basa esclusivamente su decisioni che vengono presi raccogliendo ed elaborando dati quantitativi. Se l’obiettivo è l’ottimizzazione delle performance di un servizio o prodotto per un’area specifica, è questo l’approccio giusto.
  2. Data Informed Design – è un approccio che prevede l’utilizzo anche di dati qualitativi. Si cerca di capire anche le aspettative e le sensazioni degli utenti.
  3. Data Aware Design – quest’ultimo approccio è quello più flessibile. Al suo interno ritroviamo sia il Data Driven Design che il Data Informed Design. Vi è una giusta commistione tra dati qualitativi e quantitativi. Perché, ricordiamo, che i dati quantitativi sono importanti, ma non sono tutto.

Non c’è una metodologia più valida dell’altra. La progettazione dipendete da tante cose: dagli obiettivi, dalle risorse, dal team di lavoro. Capire se utilizzare più dati qualitativi rispetto ai dati qualitativi è una vostra responsabilità.

Insieme, però, possiamo vedere quali sono i passaggi metodologici, le fasi che dovreste rispettare per le vostre ricerche.

Le fasi del Data Driven Design

Possiamo delineare alcuni step essenziali per la progettazione basata sui Dati. Ci sono quattro fasi da tenere a mente per non perdersi. Non sono però vere e proprie fasi, piuttosto delle buone pratiche da seguire.

I quattro step sono:

  1. Ipotesi – si elabora un’ipotesi di ricerca. Si inizia, quindi a delineare il contesto, il perché di un determinato problema.
  2. Definizione degli obiettivi – l’analisi del contesto viene rifinita e si definiscono uno o più obiettivi, con le relative metriche di misurazioni (KPI).
  3. Raccolta dei dati – si selezionano gli strumenti adatti all’analisi che si vuole condurre. Si inizia poi a condurre l’analisi e a raccogliere i dati necessari.
  4. Verifica dell’ipotesi – si studiano i dati raccolti, si scremano, si evidenziano i dati più significativi e si interpretano alla luce degli obiettivi definiti in precedenza.

Come per il Design Thinking, le fasi del processo sono iterative. A volte possiamo partire dalla raccolta dei dati e non dall’ipotesi, oppure da un obiettivo specifico.

Quali strumenti utilizzare per la raccolta di dati?

Per scegliere il giusto strumento per la raccolta di dati bisogna farsi la solita domanda: cosa devo fare? Voglio capire il quanto è frequente una cosa o il perché di una cosa?

Capite perfettamente che ci stiamo riferendo quindi al tipo di analisi che vogliamo condurre: qualitativa o quantitativa?

Non c’è una risposta giusta o sbagliata. Dipende da voi (ricercate se possibile l’equilibrio tra le due parti).

 

 

Gli strumenti più comuni di ricerca nel Design sono:

  • User Interview – per conoscere le attitudini, le necessità, le opinioni.
  • Usability Testing – per scovare possibili errori di funzionamento di un servizio/prodotto.
  • Card Sorting Test – per capire la classificazione e l’organizzazione dei contenuti.
  • A/B test – per selezionare la versione migliore di un prodotto/servizio o una parte di esso.
  • Eye Tracking – per comprendere il focus di attenzione di chi utilizza il servizio/prodotto.
  • User Group – per capire la percezione di un prodotto/servizio.
  • Surveys – per capire il gradimento, la comprensione del messaggio e gli aspetti più generici di chi utilizza il servizio/prodotto.
  • User Personas – per delineare in maniera più dettagliata la nostra audience di riferimento.
  • Analytics – per vedere i comportamenti di chi utilizza il servizio/prodotto.

Una volta raccolti i dati, dovrete analizzarli. Sembra più complicato di quanto si pensi, ma non è così.

Avete un obiettivo specifico e avete raccolto dati per quell’obiettivo. Dovrete solo interpretare i dati… e il grosso del lavoro sarà fatto!

 

Per Approfondire

Se volete comprendere ancora meglio la metodologia di progettazione basata sui dati, la prima cosa da fare è comprare e studiare il libro di Rochelle King, Elizabeth F. Churchill e Caitlin che abbiamo citato qualche sezione fa.

Designing with Data: Improving the User Experience with A/B Testing – Il libro mostra e dimostra come l’utilizzo dei dati possa migliorare l’esperienza utente. La progettazione basata sui dati viene spiegata e sviscerata, per capire come inserirla nel proprio flusso di lavoro.

Se ancora non vi basta, in Italia ogni anno viene organizzata una conferenza proprio sui dati dal nome Data Driven Innovation.

L’obiettivo principale di Data Driven Innovation è raccontare come il nostro mondo, la nostra società e la nostra economia stiano cambiando in relazione ai dati.

Conclusioni

La User Experience non è magia. Ci deve essere una riflessione consapevole su ogni decisione. Perché questa parola invece di un’altra? Perché il bottone in alto a destra invece che in basso a sinistra?

Tutto può essere analizzato e categorizzato in forma di dato.

I dati creano un’alleanza perfetta con la progettazione. Raccogliere ed elaborare i dati è fondamentale in questo campo. Progettare in modo consapevole è più facile se c’è una base solida, perché l’istinto, o il genio se preferite, non basta.

Il Data Driven Design vi permette di:

  • non cadere in bias cognitivi
  • avere un supporto per le intuizioni
  • prendere decisioni informate
  • velocizzare la vostra progettazione.

 

 

GIF Credit – Giphy

 

Scritto da:

Lorenzo Maria Lucenti

Giornalista, laureando in Marketing & Digital Communication. Ha molti interessi: dal Design al fumetto, dai libri gialli agli eSport. Dopo aver letto "La caffettiera da masochista" di Norman, si è innamorato dell'UX Design.

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